Nel caso delle società di persone, la dichiarazione rilevante ai fini dell’art. 4 D.lgs. n. 74/2000 è quella presentata dalla società, mentre il calcolo dell’imposta sui redditi evasa “deve essere calcolata avendo riguardo al reddito dei singoli soci” (Cass., n. 31195/2020).

La recente sentenza conferma l’orientamento già espresso da Cass., n. 19228/2019 e, quindi, la teoria della valutazione unitaria dell’imposta dovuta: con la conseguenza che, ove il socio “abbia anche altri redditi, l’imposta evasa, in ragione della progressività delle aliquote, potrebbe persino essere maggiore di quella calcolata avendo riguardo al solo risultato di esercizio d’impresa”. Nulla dicono le due sentenze, invece, circa la soglia di rilevanza penale percentuale, relativa all’ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti all’imposizione, che parrebbe logico riferire ai ricavi complessivi generati dalla società.

Nella pratica, la tesi responsabilizza il socio firmatario della dichiarazione per conto della società di persone, impregiudicato il possibile concorso dei soci non firmatari che abbiano contribuito alla gestione con modalità fiscalmente irregolari.

Resta da capire come la giurisprudenza si atteggerà in punto prova dell’elemento soggettivo del reato nei casi in cui il superamento della soglia quantitativa di rilevanza penale sarà dovuta proprio all’effetto delle aliquote marginali gravanti sul reddito complessivo del socio, e cioè da un dato che, normalmente, è di esclusiva pertinenza di tale persona fisica.