Il 1° gennaio 2021 sono diventati operativi gli obblighi introdotti dal d.lgs. n. 100/2021, attuativo della direttiva comunitaria DAC 6, che prevede l’obbligo di comunicazione all’Agenzia delle Entrate dei meccanismi transfrontalieri caratterizzati da uno o più degli elementi distintivi, inclusi nell’allegato 1 del decreto, sintomatici di un rischio di evasione o elusione fiscale. Fra i destinatari dell’obbligo vi sono gli “intermediari” e, fra di essi, i professionisti che svolgono un’attività di assistenza o consulenza anche soltanto sulla gestione dell’attuazione del meccanismo. Non è quindi richiesto che il commercialista o l’avvocato abbiano preso parte alla creazione o alla commercializzazione del meccanismo transfrontaliero, essendo sufficiente a far scattare l’obbligo la sua conoscenza, secondo lo standard previsto dall’art. 4 del D.M. attuativo 17 novembre 2020 (conoscenza effettiva del meccanismo, sulla base delle informazioni prontamente disponibili in ragione dell’attività espletata nei confronti del cliente e del grado di competenza ed esperienza necessario per fornire il servizio richiesto).

L’obbligo in esame integra “giusta causa” di rivelazione (all’Agenzia delle Entrate) del segreto concernente le notizie apprese dal professionista nello svolgimento della propria attività (sulla cui estensione ragiona Cass., n. 34020/2020): di qui l’inapplicabilità del reato di rivelazione di segreto professionale previsto dall’art. 622 c.p..

L’art. 3 comma 4 del decreto blinda l’irresponsabilità del professionista prevedendo che, “in ogni caso, le comunicazioni effettuate … se poste in essere per le finalità ivi previste e in buona fede, non costituiscono violazione di eventuali restrizioni alla comunicazione di informazioni imposte in sede contrattuale o da disposizioni legislative, regolamentari o amministrative e non comportano responsabilità di alcun tipo”. È poi prevista, come nella disciplina antiriciclaggio, l’inapplicabilità dell’obbligo al professionista “per le informazioni che riceve dal proprio cliente, o ottiene riguardo allo stesso nel corso dell’esame della posizione giuridica del medesimo o dell’espletamento dei compiti di difesa o di rappresentanza del cliente stesso in un procedimento innanzi ad una autorità giudiziaria o in relazione a tale procedimento, compresa la consulenza sull’eventualità di intentarlo o evitarlo”.

L’omessa notifica del meccanismo che presenta uno o più elementi distintivi è punita con la sanzione amministrativa da 3.000,00 a 31.500,00 € (art. 12 del decreto), ma ci si deve chiedere Il professionista che omette la comunicazione possa anche concorrere nel reato tributario in ipotesi commesso dal cliente. È ragionevole ritenere che il nuovo obbligo introdotto dal legislatore non incida profondamente sullo statuto penale della responsabilità professionale.

In linea di principio, l’omissione in esame non può rilevare in quanto tale come apporto, a titolo di concorso, nel reato del cliente. La materia è regolata dall’art. 40 comma 2 c.p., secondo cui “non impedire un evento, che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo”. Siccome però l’adempimento dell’obbligo non è, di per sé, in grado di evitare la consumazione del reato da parte del contribuente, l’omissione dell’obbligo di notifica non può rilevare penalmente ex se.

Anche dopo l’entrata a regime del decreto DAC 6, il professionista risponderà penalmente ai sensi dell’art. 110 c.p., a titolo di concorso: il giudice potrà quindi pronunciare condanna solo motivando sulla prova dell’esistenza di una reale partecipazione del professionista, precisando sotto quale forma essa si sia manifestata, in rapporto di causalità efficiente con le attività poste in essere dagli altri concorrenti nel reato (Cass., n. 28158/2019). Concretamente, tali affermazioni di principio si originano in vicende processuali nelle quali il professionista partecipa attivamente all’iniziativa criminale, spesso già nel momento genetico dell’ideazione di modelli di evasione fiscale (Cass., n. 1999/2018). In queste situazioni “scolora” la qualifica professionale del soggetto, che processualmente si manifesta quale vero e proprio concorrente dotato di specifiche competenze tecniche: e fra le due situazioni corre una sostanziale differenza.

Al più, l’omessa notifica del meccanismo potrà essere utilizzato quale ulteriore indizio della partecipazione del professionista al reato, ma mai potrà diventare prova principe o peggio esclusiva di concorso del professionista nel reato del cliente.

La combinazione fra disciplina penalistica, principi giurisprudenziali e obbligo di comunicazione introdotto dal decreto esclude quindi un rilievo penale della semplice omessa notifica del meccanismo, che in quanto tale sarà sanzionata soltanto in via amministrativa. Diverso, invece, il caso del professionista ideatore del meccanismo non comunicato, che potrà rispondere penalmente non per l’omessa comunicazione, ma per aver materialmente partecipato alla consumazione del reato fiscale integrato dal meccanismo evasivo.